“Canzoni” di Roberto Vecchioni: riflessi dell’anima
E siamo giunti ad una delle tappe più impegnative della nostra scalata nel mondo dei libri e dell’editoria, almeno per me. Devo selezionare un primo libro da condividere con voi lettori e, mentre le dita scorrono carezzando i dorsi, penso a quale criterio debba guidarmi in questa scelta. Ciascun libro letto mi ha lasciato un’emozione, mi ha regalato un sorriso, un pensiero, una riflessione.
Ogni libro è un viaggio, una scoperta. “L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma nessun’altra potrebbe sostituire”, scrive Daniel Pennac. Ho deciso: vi presenterò i miei amici, condividerò con voi le mie compagnie in ordine sparso, lasciandomi travolgere dall’onda emotiva, ergo, senza la presunzione di una recensione oggettiva ed esaustiva.
E se a guidarmi deve essere l’emozione, allora non posso che partire da “Canzoni” di Roberto Vecchioni, edito da Bompiani nel 2021. Trecentosessanta pagine che nascono dall’esperienza accademica del prof. Vecchioni all’Università di Pavia, che racchiudono la profonda e accurata riflessione dell’autore sulla canzone e sul suo inestricabile intrecciarsi con la vita. Si potrebbe definire un’antologia, un’autoantologia, dei brani più significativi. Ma come sceglierli? Con quale criterio privilegiare questo o quello?
Cinquant’anni di musica e parole, cinquant’anni di versi ed emozioni, cinquant’anni di esperienze, di incontri, di solitudini e di riflessioni, cinquant’anni che hanno visto la genesi di alcuni dei più grandi capolavori dell’immenso prof!
Ad accompagnare il professore Vecchioni in quest’avventura il semiologo Paolo Jachia e il maestro Massimo Germini, a cui è d’obbligo il nostro “GRAZIE” più sincero. Sono stati proprio loro, infatti, ad abbattere il muro di ritrosia, ad evidenziare che era il momento, dopo aver dedicato anni di lezioni a parlare delle canzoni altrui, di mettere al centro l’arte di Roberto Vecchioni, che non sarebbe stato assolutamente inopportuno o autocelebrativo ma sarebbe stata un’occasione per dialogare con gli studenti, per rispondere alle loro curiosità, per “uscire dal buio, dall’ombra delle apparenze e tirar fuori una buona volta quello che nascondevano certe canzoni misteriose, ambigue a volte, non facili” (p.19).
Ed ecco che i compiti vengono ripartiti: Vecchioni racconterà da dove nascono i suoi testi, cosa si cela dietro le sue parole; a Jachia l’onere di analizzare le parti lessicali, grammaticali e interpretative; Germini, invece, si dedicherà alla parte musicale, melodica.
“Si trattava di estrapolare dal mare magnum di duecentosettanta canzoni un numero ridotto che rappresentasse tutte le altre, che fosse da esempio per i vari generi e le varie tematiche inseguite per cinquant’anni. Quindi non necessariamente quelle che loro e io ritenevamo le più belle, né quelle più popolari, bensì gli archetipi, i brani semaforici, le intuizioni imprevedibili” (p.20). Questo il criterio guida che ha portato alla selezione delle trentadue tracce che ritroviamo in “Canzoni”, disposte in modo da condurci avanti e dietro, saltellando da un album all’altro, confermandoci – semmai ne avessimo bisogno – il legame esistente tra canzone d’autore, poesia e attimi di vita vissuta.
L’amore che Roberto Vecchioni nutre per le parole, l’enorme rispetto con cui le usa e le carezza, la passione con cui le studia e le divulga sono manifeste a tutti. Ed è proprio la parola, il Logos, il Verbum il fil rouge che unisce e permea ogni pagina, ogni singola riga di questo libro intriso di mito, storia, epos e favola. Del resto, come dice lo stesso autore, “le parole sono, in qualche modo, la mia donna. […] Fin da piccolo le ho amate, le volevo sapere tutte. Avevo capito che conoscere e saper usare le parole era una liberazione enorme. Da allora ho saputo che la parola è un’emozione viva, usata dagli uomini ma dotata di una vita propria. La parola è bellissima, si porta dietro trasformazioni abissali, per comprenderla davvero è necessario conoscerne forma e contenuto”.
Ho assistito a due presentazioni di questo libro. Due eventi unici accomunati dalla capacità di coinvolgere emotivamente: Salone del Libro di Torino, Auditorium gremito, Vecchioni e Germini insieme, chitarra e voce, intesa perfetta, vibrano le loro corde e all’unisono le nostre anime; Feltrinelli Galleria Alberto Sordi a Roma, ad intervistare il Prof e il Maestro Aldo Cazzullo, che recita a memoria intere strofe dei testi, ripercorrendo le tappe della vita artistica di Vecchioni.
E la parola fluisce, ti avvolge, ti ammalia. E ti emoziona, ti commuove.
Se questa fosse una recensione dovrei scrivere almeno di uno dei brani contenuti nel libro, o citarvi anche solo i titoli delle tracce presenti. “Alessandro e il mare”, che ascolto con i miei ragazzi di quinta quando studiamo “Alexandros” di Pascoli? “Per amore mio (ultimi giorni di Sancho P.)”, colonna sonora del tragitto che mi conduce a scuola? “Ultimo spettacolo”, capolavoro indiscusso di Roberto Vecchioni (e se lo dice il grande maestro Massimo Germini c’è da fidarsi!)? Un’elencazione sarebbe sterile e una scelta troppo sofferta. Lascio a voi il piacere di immergervi nella lettura di pagine che trasudano vita, emozioni, cultura. Lascio a voi l’onere di scegliere tra capolavori senza età.
E se per Roberto Vecchioni “una canzone è il riflesso dell’anima, e l’anima, lei, se ne frega del tempo. Non sa nemmeno cosa sia” (p.39), per me, stimatissimo prof, le sue canzoni sono la conferma del suo essere immenso.
Anna Maria Petolicchio