Io con te non gioco più: l’aggressione russa all’Ucraina e le conseguenze nello sport
La guerra in Ucraina determinata dall’aggressione russa ha comportato conseguenze anche nel mondo dello sport. La clamorosa decisione del Comitato Paralimpico Internazionale di escludere gli atleti russi e bielorussi dalle gare in programma a Pechino ha destato notevoli polemiche. In un primo momento, il Presidente del Comitato aveva proposto una soluzione di compromesso, imponendo agli atleti russi e bielorussi di partecipare come atleti neutrali (senza bandiera né inno). Tuttavia, a seguito delle numerose pressioni ricevute da diversi membri del Comitato – come lo stesso Presidente Parsons ha affermato in un comunicato- è sembrato opportuno impedire a questi atleti di confrontarsi nella più importante manifestazione sportiva del mondo. Le polemiche a seguito di tale decisione sono state numerose anche in considerazione delle finalità che muovono il mondo delle Paraolimpiadi.
La questione è estremamente delicata: gli atleti sono responsabili delle decisioni dei propri governi? Esiste dunque una stretta relazione fra politica e sport? Anche i vertici istituzionali nel mondo del calcio hanno reagito alla notizia del conflitto in Ucraina escludendo la Russia dalla fase di qualificazione per i Mondiali in Qatar previsti per il prossimo dicembre. Si tratta, anche in questo caso, di una decisione clamorosa: FIFA e UEFA tendono storicamente a non entrare in questioni geo-politiche. La stessa FIFA ad esempio non ha battuto ciglio per le polemiche sull’assegnazione al Qatar- nazione dove vige la Sharia e si utilizzano ancora le pene corporali e la pena capitale- del Mondiale di calcio così come la UEFA non ha mai risposto alle polemiche sulla partecipazione delle squadre israeliane alle coppe internazionali.
Da più parti si sostiene che colpire lo sport russo rappresenti un’arma contro la propaganda di Putin (che da sempre utilizza lo sport per legittimare la propria immagine in patria) e che l’eccezionalità del momento richieda decisioni drastiche. Altri definiscono spropositata e fuori luogo la colpevolizzazione degli atleti russi. Dare una risposta definitiva alla questione è complesso; non si può nascondere che l’impatto emotivo della guerra in Ucraina è stato maggiore, in tutti noi, rispetto ad altre guerre perché riguarda l’Europa, quindi casa nostra.
Sul punto è interessante la posizione di Mario Sconcerti, noto giornalista sportivo che ha criticato aspramente le decisioni dei massimi vertici sportivi internazionali: “se ho un amico russo non devo vederlo più, solo perché russo? Questa è discriminazione, non lotta democratica. Cerchiamo di distinguere le cose dalle persone, anche adesso che il mondo ci sta sfuggendo di mano”. Anche perché il rischio di clamorosi autogol è dietro l’angolo: da ultimo la notizia della censura di un corso su Dostoevskij all’università Bicocca di Milano.
Francesco Di Tommaso.