Le donne e il Teatro: una storia di conquista
Alla fine della settimana che ha visto celebrare il genere femminile e, soprattutto, i suoi diritti acquisiti nel tempo, in questo articolo facciamo un excursus sulla figura della donna nel teatro.
Anche in questo campo, così come in tutti gli altri, il percorso delle donne verso l’emancipazione e la conquista di diritti è lungo e faticoso.
Il V secolo a.c. segna, probabilmente, l’inizio del teatro occidentale; la scoperta del teatro di Epidauro ad Atene ci riporta alle prime rappresentazioni che sono pressoché delle danze propiziatorie in onore degli dei (soprattutto Dioniso) e, udite udite, non prevedono la presenza di donne tra gli attori. In realtà, sembra che il gentil sesso non possa partecipare alle rappresentazioni nemmeno in quanto pubblico, sebbene molte delle tragedie rappresentate abbiano per titolo nomi femminili. Su tutti possiamo certamente ricordare il personaggio di “Medea”, fortemente emotivo e passionale; grazie al teatro, gli uomini esplorano tali caratteristiche dell’animo umano, a loro precluse a quel tempo e in quel tipo di società.
Con il teatro latino, più votato al divertimento, i romani danno spazio alle donne in scena, ma solo nei “mimi”, spettacoli musicali che rappresentano la vita quotidiana. Purtroppo però, in men che non si dica, le donne che intraprendono la strada del teatro vengono considerate alla stregua delle prostitute; questa condizione continuerà almeno fino al IX secolo d.c., quando, in pieno Medioevo, viene bandita la maggior parte delle rappresentazioni e gli attori trovano sepoltura solo fuori dalle mura delle città consacrate. Senza dubbio, il periodo più buio per l’arte teatrale, durante il quale le rappresentazioni riguardano quasi esclusivamente temi religiosi.
Con il Rinascimento la donna ritorna (direi anche in modo prepotente) sulla scena ma solo in quanto personaggio, con rivisitazioni dei classici greci e con personaggi che diventano addirittura trasgressivi, dopo un lunghissimo periodo di buio artistico. È solo con la Commedia dell’Arte, però, che la donna torna finalmente in scena, riappropriandosi dei personaggi di genere femminile che, fino a quel momento, erano stati interpretati dagli uomini. Dopo l’Italia e la Francia, pian piano, tutte le compagnie d’Europa cominciano ad arruolare donne per le parti femminili, fino ad arrivare alle grandi attrici londinesi che, a differenza delle loro omologhe europee, tolgono la maschera (con la quale si recita nel resto d’Europa) per esprimersi in tutta la loro forza espressiva.
Da quel momento, è una vera e propria “escalation” del ruolo della donna nel teatro moderno. A cominciare dai grandi personaggi femminili di Goldoni, protagonisti di commedie che ancora oggi riempiono i cartelloni dei teatri italiani (La locandiera su tutti). Insieme con i grandi personaggi femminili disegnati dagli autori teatrali, cominciano di conseguenza ad affermarsi anche le attrici. Nel diciannovesimo secolo sono famose in Italia la Bettini e la Ristori, ma è con il ventesimo che le attrici assurgono al ruolo di dive. Su tutte, senza alcun dubbio, Eleonora Duse, musa ispiratrice di Gabriele D’Annunzio. A Bologna c’è uno storico teatro a lei intitolato, nel quale è ancora presente un camerino che l’attrice si fa costruire apposta sul palcoscenico per non dover fare lunghi tragitti per i suoi cambi d’abito. Nello stesso secolo opera anche Marta Abba, della quale Luigi Pirandello si innamora perdutamente e per la quale scrive molte delle sue commedie.
Non possiamo dimenticare, nella nostra breve carrellata, Titina De Filippo, attrice a tutto tondo, dotata di enorme potenza espressiva e versatilità. In conclusione, possiamo certamente affermare che, sebbene molti testi teatrali vengano ancora scritti da uomini per uomini, tante sono le donne beniamine dei pubblici di tutti i teatri d’Italia, a dimostrazione che, almeno per ciò che riguarda l’ambito teatrale, la parità di genere è una realtà.
Pierluigi Iorio