Alla ricerca del ‘genius loci’ nell’Umbria meno conosciuta: percorso ad anello da Città della Pieve alla Scarzuola
La chiamano il “Polmone Verde” dell’Italia e, in effetti, basta un passaggio anche solo distratto per le strade secondarie dell’Umbria per avere la conferma che non si tratta solo di un luogo comune. Frassini, cipressi, querce e aceri: questa regione non necessita di sbocchi sul mare perché a lei bastano le sue infinite distese verdi. E, se proprio dobbiamo dirla tutta, verdi sono persino i rilevatori della velocità che si mimetizzano perfettamente con la natura tutt’attorno.
Il mio viaggio alla ricerca dello spirito unico che abita i luoghi silenziosi e solitari inizia da Città della Pieve. Rossastra come i mattoni di cui è vestita, questo magnifico borgo si erge su una collina ricoperta di ulivi. Ci arrivo al tramonto, per la cena. C’è un grande parcheggio gratuito poco fuori dalla cinta muraria, ampio e capiente: chi viaggia di frequente sa quanto possa far comodo imbattersi in un’area di sosta libera. Entro nel paese attraversando la Porta di Sant’Agostino e avverto subito una strana sensazione: c’è come una diffusa quiete che avvolge le mura dei vicoli stretti e i pochi volti nei quali mi imbatto. La quiete prima della tempesta. Caos calmo. Sulle prime non ne capisco il motivo: lo scopro dopo, all’uscita dal ristorante, quando – girando all’angolo per immettermi sul viale principale – vedo dirigersi verso di me orde di uomini incappucciati. Uno di loro solleva un’enorme croce di legno, altri azionano singolari strumenti tradizionali che ricordano le troccole del Sud. Sono affascinata. Tutto il silenzio dell’inizio si trasforma improvvisamente in una processione del Venerdì Santo in cui preghiere e litanie, folklore e religione, si fondono insieme creando uno spettacolo davvero unico.
Il mattino seguente continuo il mio iter: il primo luogo che decido di visitare è Panicale. Adagiato ai piedi del monte Petrarvella, da questo paesino si scorge in lontananza il lago Trasimeno, che sembra donare alla campagna circostante un senso di pacatezza e tranquillità.
Panicale, il cui nome vuol dire forse “luogo di Pan” o – ancora più poeticamente – “tutta bellezza” (da pan e kalos), è un piccolo scrigno di arte e bellezza. Mi incantano la maestosa collegiata di San Michele Arcangelo, l’elegante facciata della chiesa della Madonna della Sbarra (1625), la vista sulla vallata e le viuzze dai fiori colorati e profumati.
Dopo Panicale è la volta di Corciano. L’atmosfera estremamente rilassata di questo borgo rende il viandante protagonista di un affresco trecentesco. Sembra proprio che il tempo qui si sia fermato: la vita procede lentamente, senza affanni, ed è evidente negli occhi degli abitanti che passano e ti salutano come se fossi uno di loro, non un turista, ma un ospite da accogliere.
Nel comune di Corciano si trova una frazione, Solomeo. Minuscolo borgo con meno di cinquecento abitanti, Solomeo è un esempio di paese riportato in vita dalla visione di un noto imprenditore tessile, Brunello Cucinelli, il quale ha scelto di stabilirvi la sede dell’omonima azienda di cachemire e di dare nuova esistenza ai luoghi antichi. L’emblema di questa straordinaria visione si materializza nel teatro Cucinelli, costruito sui ruderi dell’antico castello, con una struttura ad anfiteatro, e nel giardino di Epicuro, al cui ingresso si legge: “Ospite, qui starai bene, qui il sommo bene è piacere”.
La sensazione che ho provato passeggiando per le strade di Solomeo è quella di entrare in un quadro di De Chirico: qui tutto è metafisica. Qui tutto è filosofia.
Ai piedi del paese, saluta il visitatore il monumentale Tributo alla Dignità dell’Uomo, composto da cinque grandi archi in travertino, dal quale si contempla una splendida vista sui campi dai meravigliosi fiori gialli. Starei ore e ore a meravigliarmi della bellezza che si apre di fronte ai miei occhi, ma è tardi e sulla tabella di marcia sono ancora tanti i paesi di vedere!
E così, dopo Corciano e la preziosa Solomeo, arrivo a Deruta, l’affascinante paese della ceramica. Dopo una serie interminabile di scalini e scalette, che mi conducono dal parcheggio ai piedi del paese sino al centro, mi sale un certo languorino che non riesco proprio a controllare. Mi trovo proprio nella piazza principale, al cospetto di palazzi adornati di maioliche, quando scorgo una bottega di prodotti tipici umbri; tra questi, quello che più attrae la mia attenzione è la torta al testo. Cosa sarà mai? Una torta? E cos’è il ‘testo’? Un testo poetico? Bah! Non mi resta che chiedere.
Mi avvicino al locale e noto subito due solitari tavolini rotondi di plastica che riproducono le ceramiche dei palazzi attorno. Assieme ai tavolini vi sono due sedie. La particolarità sta nella loro posizione: non stanno né dentro né fuori, ma semplicemente in mezzo, all’ingresso, sull’uscio. Lo trovo subito originale. Entro e ad accogliermi c’è la sosia di Gina Lollobrigida.
Allora, pur non sapendo cosa fosse, chiedo gentilmente alla signora una torta al testo. Spinaci e caciotta. Lei mi invita ad accomodarmi a uno di quei tavolini sul limitare del negozio. E io sono troppo felice. Il limes, il confine… poesia! La signora mi porta un panino col prosciutto “come antipasto”, dice. Buonissimo! Quando, poi, arriva la pietanza richiesta, chiedo:
“Signora, ma… cos’è una torta al testo?”.
E la sosia della Lollobrigida inizia a mostrarmi delle foto di questa focaccia molto morbida che viene cucinata su una sorta di disco di ferro adagiato sulla brace ardente. Vi lascio immaginare la bontà. Finisco e sono sul punto di alzarmi, quando arriva nuovamente la donna offrendomi un pezzo di colomba: ottima anche questa! Antipasto, portata principale e dolce al prezzo della sola torta al testo! Felicità!
Ringrazio di cuore e saluto la Lollobrigida e riprendo il mio viaggio. Destinazione: Santuario seicentesco della Madonna del Bagno.
Poco fuori da Deruta, infatti, nella località Casilina, immersa nell’intensa natura, si rivela in tutta la sua meraviglia questo splendido luogo di culto. All’interno, sulle candide pareti, vi sono attaccate oltre seicento mattonelle votive in ceramica derutese di epoche differenti, dal XVII secolo a oggi. Davvero suggestivo!
Dopo questa sosta spirituale, decido di fare una rapida visita a Bettona. Chiamata il “balcone dell’Umbria”, per raggiungerla si percorre una strada a curve che sale in collina tra la fitta vegetazione. Il punto più spettacolare verso la valle è dalla porta Vittorio Emanuele II. Il tempo di affacciarmi alla finestra sulla piana sottostante e via… direzione Agriturismo “Il Corbezzolo”, un vero e proprio locus amoenus.
La gentilezza dei titolari, la bontà della cucina, i cui ingredienti sono tutti prodotti in loco o provenienti da aziende vicine, la vista sulle colline e sulle valli umbre, rendono questo agriturismo un vero e proprio paradiso. Tra i piatti da loro proposti che più ho apprezzato voglio ricordare i Picchirilli al Tartufo: una bontà unica!
Il giorno seguente, dopo un’ottima colazione salata e dolce, parto alla volta di Bevagna, che sembra dipinta dai pittori del Trecento. Perfettamente chiusa nelle sue mura medievali, cela, al suo interno, una perla di rara bellezza: la bellissima piazza Filippo Silvestri, con le due chiese di San Silvestro e San Michele Arcangelo.
Poco distante da Bevagna, a soli tre chilometri, si incontra un posto unico, arroccato tra i vigneti e gli ulivi del Sagrantino: il borgo medievale di Torre del Colle. Dopo aver varcato la porta di ingresso, mi accorgo di una tavoletta di legno recante una citazione di Francesco Kino Colombo, che recita così:
“Ho vissuto tutti i giorni della mia vita, non uno di meno. Non ho mai detto basta, ma sempre ancora, insieme, dai! Portatemi sempre nel vostro cuore accanto alla vostra libertà, portatemi nel coraggio, portatemi esaltando la vostra vita!”. Ed è subito amore! Il borgo è stato ristrutturato a fasi ed è diventato un vero e proprio paese albergo, gestito dall’argentino Duilio Greenberg. Un luogo da favola!
E così, da Torre del Colle, mi dirigo a Spello, la “splendidissima” Hispellum romana, passando per Cannara, piccolissimo borgo della valle del fiume Topino. Spello mi colpisce, oltre che per lo spettacolo del centro storico, anche per i giardini di Villa Fidelia, ubicati poco fuori dalle mura.
Arriva, poi, il momento di un rapido passaggio per Montefalco. A proposito di questo borgo, scriveva Philippe Daverio:
“Qui vive la cultura del bello e del buono, la sintesi perfetta di un’Italia ricca e ineguagliabile”.
Il bello e il buono. Proprio così. Montefalco è ricco di preziosi doni. Si respira un senso di serenità. Attorno a me le mura sembrano parlarmi e raccontarmi tutto ciò che hanno visto e vissuto nel corso dei secoli.
Non meno intenso è il mio incontro con Trevi, che giace arroccata morbidamente attorno alla sua collina.
Alle porte del paese vi sono i giardini di Villa Fabri, nei quali mi perdo per una bella mezz’ora.
La giornata si conclude presso le fonti del Clitunno. Tra Foligno e Spoleto, lungo la via Flaminia, si incontra questo sito idilliaco cantato da poeti e scrittori, da Virgilio a Carducci.
Dopo una cena e una colazione indimenticabili presso l’Agriturismo nel quale ho soggiornato, ringrazio e saluto chi mi ha accolto in maniera così calorosa e mi incammino sulla via del ritorno. Attraversando strade provinciali che passano per paesi come Gualdo Catteneo, Marsciano, San Venanzo e Montegabbione, che salgono e scendono per i dolci declivi umbri, arrivo in un luogo magico, fuori dal tempo e dallo spazio: La Scarzuola. Si narra che in questo luogo San Francesco costruì una capanna nel punto in cui aveva piantato una rosa e un alloro. Da qui, miracolosamente, era sgorgata una fonte. La capanna fu realizzata con una pianta palustre di nome scarza, da cui deriva il nome Scarzuola. Il complesso conventuale francescano, edificato nel 1218, venne acquistato nel 1957 da Tommaso Buzzi. Qui l’architetto si dedicò al sogno di una vita: realizzare, di fianco al convento, una Città Ideale, fantastica, onirica, esoterica, sospesa tra teatralità e metafisica, tra onirico e metafora. Ad accogliere i visitatori nella Città Ideale è l’erede Marco Solari, che dal 1981 ne è costruttore, custode, anfitrione e anima. Il percorso attraverso gli angoli di questo sito è surreale, irriverente e folle. Un viaggio dentro se stessi, alla scoperta della parte più intima di ognuno di noi. Un’esperienza mistica!
E così, dopo quest’ultima tappa, torno a casa con nuove consapevolezze, con gli occhi pieni zeppi di bellezza e con la certezza che, prima o poi, il genius loci di questi posti, a metà tra la realtà e l’immaginazione, mi riporterà ancora da loro.
Forse anche solo nei sogni.
Mariasole Nigro