Santa Luciella ai Librai
Oggi vi porto alla scoperta di un piccolo tesoro nascosto tra i vicoli del centro di Napoli. Una piccola chiesa recuperata dal degrado grazie ad un gruppo di giovani che con passione e coraggio hanno portato al recupero e alla rinascita di questo luogo.
Santa Luciella è una piccola chiesa nel cuore del centro antico di Napoli, situata nel vicolo che ai tempi dell’antica Roma chiamavano “vicus Cornelianus” (oggi vico Santa Luciella) che collega San Biagio dei Librai a San Gregorio Armeno. La chiesa fu fondata poco prima del 1327 da Bartolomeo di Capua, giureconsulto e consigliere politico di Carlo II d’Angiò e di Roberto I nonché committente di alcuni importanti portali gotici per S. Lorenzo Maggiore e S. Domenico Maggiore e fondatore nel 1314 della chiesa di San Maria di Montevergine.
Nella veduta del Baratta del 1629, la chiesa di Santa Luciella viene indicata come Cappella dell’Arte dei Molinari o Mulinari (capostipiti mugnai o lavoranti presso un mulino); sarà poi presa in custodia dai pipernieri, antichi artisti che scolpivano le pietre dure. Questi, abituati a lavorare con scalpello e martello, temendo che le schegge, schizzando dalla pietra, potessero conficcarsi negli occhi, iniziarono a venerare Santa Lucia, la protettrice della vista, decidendo, dunque, di dedicarle questo luogo. Nel XVIII sec fu oggetto di un sostanziale rimaneggiamento e nel 1748 divenne sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione SS. Gioacchino e Carlo Borromeo.
L’esterno presenta un grande finestrone a disegno gotico, un portale in piperno adornato con due stemmi trecenteschi della famiglia Di Capua e sormontato da una lunetta fatta con lo stesso materiale ed un grande stemma circolare in metallo dorato probabilmente dell’antica arciconfraternita della chiesa. Al di sopra dell’ingresso secondario vi è un piccolo campanile le cui campane sono di diverse dimensioni (la più grande è dedicata all’Immacolata, la più piccola a Santa Luciella).
L’interno e l’altare maggiore.
L’interno, di ridotte dimensioni, è composto da una navata rettangolare. Ha un altare maggiore ed altri due altari più piccoli (di cui uno in una piccola cappella dedicata proprio a Santa Lucia), un coro ligneo sopraelevato che sorregge un organo settecentesco. Il pavimento maiolicato è fatto di piastrelle, i cui colori prevalenti sono il verde, il bianco ed il blu.
All’interno della struttura sono esposte le uniformi col cappuccio dell’arciconfraternita risalenti al tardo ‘700 e ritrovati tra i rifiuti, lunghi abiti dotati di cappuccio il quale rendeva uguali tutti i membri senza mostrarne le identità e simboleggiava la vergogna per i peccati commessi.
Al di sotto della struttura della chiesa, nell’ipogeo, si trova un cimitero, la zona di sepoltura dei confratelli. Il metodo usato per trattare i corpi destinati alla sepoltura era quello della “scolatura”, una pratica che si diffonde a partire dal 1656. I corpi venivano bucati per drenare i liquidi e consentire l’essiccatura del cadavere più velocemente ed in seguito erano seppelliti nella terra delle “terre sante”, le grandi vasche della cripta. Venivano poi riesumati ed esposti nelle nicchie per essere visti dai fedeli. Una volta rinsecchiti, i resti del corpo venivano messi nell’ossario, una fossa comune al di sotto del cimitero, solo la testa era tenuta. Il teschio del defunto (chiamato “capuzzella”) veniva conservato per poi essere esposto sul cornicione della parete.
Il culto delle anime pezzentelle ed il teschio con le orecchie
L’atto di tenere le teste dei morti ha fatto sì che dalla seconda metà del ‘700 si sviluppasse il culto delle anime pezzentelle (o delle anime del purgatorio), uno dei più importanti di Napoli. L’antica usanza prevedeva che un fedele “adottasse” un teschio prendendosene cura materialmente (per esempio pulendolo) e spiritualmente, pregando per la sua anima affinché potesse lasciare il purgatorio e raggiungere il paradiso. In cambio del loro operato, i fedeli chiedevano una grazia (trovare un marito, un lavoro, ecc.) e qualora il teschio li avesse aiutati sarebbe stato ringraziato con un ex voto appeso al muro, in caso contrario sarebbe stato capovolto. Tra tutti quelli presenti nel cimitero però, un teschio in particolare è più noto degli altri: il teschio con le orecchie.
Il teschio con le orecchie è uno dei teschi conservati all’interno della cripta della chiesa, ed è anche una grande attrazione turistica per la zona. Le sue non sono vere e proprie orecchie, si tratta infatti di un cranio che ha subito un rarissimo distaccamento osseo della calotta cranica che normalmente tende a non verificarsi, e soprattutto non in modo così simmetrico. Era considerato dai fedeli un vero e proprio collegamento tra il mondo dei vivi e l’aldilà, proprio perché si pensava che avendo le orecchie sarebbe stato particolarmente propenso all’ascolto delle preghiere che i fedeli sussurravano.
In seguito al terremoto del 1980 ed alla sua chiusura al culto negli anni ’80 che ne causò il disuso, iniziò per la chiesetta un lungo e gravissimo periodo di degrado, tanto estremo che ad un certo punto fu praticamente adibita a discarica abusiva ed a causa dei rifiuti e della mancanza di manutenzione divenne pericolante ed inaccessibile al pubblico. Tutto questo fece perdere molto interesse per la chiesa che venne quasi completamente dimenticata e rimase chiusa per quasi 35 anni.
La chiesa venne poi “riscoperta” dall’Associazione Culturale Respiriamo Arte che venne a conoscenza del posto tramite l’acquisto di un antico libro comprato in zona chiamato “Le chiese perdute di Napoli”.
L’Associazione Culturale Respiriamo Arte nasce nell’Ottobre del 2013 da un’idea di un gruppo di giovani laureati partenopei. Lo scopo dell’Associazione è il recupero del patrimonio storico e artistico della città di Napoli attraverso la tutela e la valorizzazione di luoghi e monumenti simbolo che rappresentano e custodiscono la memoria storica. Lasciti, troppo spesso abbandonati all’incuria e al degrado.
Il progetto è oggetto di una campagna di crowdfunding e i primi fondi raccolti hanno permesso nel giugno 2017 di realizzare dei primi interventi, consistenti in opere provvisionali che hanno eliminato o ridotto i pericoli per la pubblica e privata incolumità e preservato gli elementi decorativi e architettonici dei prospetti. La cappella è stata restituita alla città alla fine del 2019. Ma la sorte ha imposto anche la pandemia alla storia di questo luogo con un altro stop. Ma il regalo più grande è arrivato la notte di Natale del 2021. Su Rai 1 va in onda Una notte a Napoli dove Alberto Angela ha condotto gli spettatori tra i tesori della città partenopea, includendo nel suo giro anche Santa Luciella.
L’Associazione Respiriamo Arte porta avanti un progetto che intende recuperare e valorizzare la chiesa di Santa Luciella sia da un punto di vista di sviluppo turistico con visite guidate ed eventi sia d’inclusione sociale proponendo momenti aggregativi per le persone del quartiere, come scuola di canto, lezioni gratuite per i bambini dedite a temi fondamentali quali la legalità, l’educazione civica e l‘impegno sociale.
Vi consiglio di visitare questo luogo.