Sionismo, Apartheid, Guerra, Antisemitismo
Gli eventi drammatici di Palestina, iniziati con la strage e cattura di ostaggi da parte di miliziani di Hamas fuoriusciti dalla striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, sono noti a tutti. La sanguinosa risposta dello Stato di Israele prosegue a tutt’oggi con bombardamenti e distruzioni a tappeto che accompagnano la penetrazione massiccia dell’esercito israeliano nella striscia. Il numero dei morti tra la popolazione della striscia (circa due milioni di abitanti) supera ormai 32.000 e la fame attanaglia i superstiti perché i rifornimenti di cibo vengono ostacolati dalle forze occupanti. A questo si aggiungano violenze da parte dei coloni israeliani armati nelle zone occupate della Cisgiordania, ai danni dei palestinesi ivi residenti, zone in cui Hamas non è presente. L’impegno da parte dei paesi del mondo occidentale, che include lo Stato di Israele, per un cessate il fuoco è debolissimo e confuso. Finora la struttura di organizzazioni internazionali, in primis l’Onu, che fu concepita perché le stragi delle guerre mondiali che avevano insanguinato il mondo non dovessero mai più accadere, è stata bloccata dal veto statunitense e solo ora può mettersi lentamente in moto, dopo che il 25 marzo scorso è stata approvata una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per l’immediato cessate il fuoco, con l’approvazione di tutti i paesi membri e la sola astensione degli Stati Uniti.
Le reazioni a questi avvenimenti sono le più estreme, dominate da emotività e confusione. Molto nasce anche dalla diffusa ignoranza delle
radici storiche complesse della storia della Palestina recente e dai sensi di colpa, perché le leggi antisemite del 1935 nella Germania nazista e del 1938 nell’Italia fascista furono di fatto accettate senza alcuna palese opposizione.
Facendo riferimento ad alcuni fatti della mia famiglia, provo a dare elementi per una comprensione non emozionale di cosa sta accadendo, sperando di contribuire utilmente alla riflessione ed alla maturazione individuale di una posizione responsabile.
Alla fine dell’800, Theodor Herzl organizzò l’aspirazione degli ebrei a tornare alla Terra d’Israele cui fu dato il nome di “sionismo”.
Un cugino di mio padre, Enzo Sereni, laureatosi presso la Facoltà di Agraria di Portici, sionista, si trasferì in Palestina dove fondò nel 1928 il Kibbutz di Givat Brenner su un appezzamento di terra desertico acquistato da latifondisti arabi. Già dal 1920 erano accadute sollevazioni degli arabi contro la comunità ebraica che si andava insediando (massacro di Hebron del 1929) e, a partire dal 1930, la ‘grande rivolta araba’ si incentrò contro il mandato coloniale britannico, anche con occasionali alleanze con le comunita’ di immigrati ebrei. Il problema della convivenza e dell’ integrazione delle società ebraiche e arabe era molto sentito, tanto che Enzo e Ada Sereni chiamarono la loro seconda figlia nata nel Kibbutz, Hagar. Nel Vecchio Testamento Hagar era l’ancella di Abramo che partorì da lui Ismaele con il consenso della moglie Sara, inizialmente ritenuta sterile. Allorché Sara generò, in tarda età (90 anni per la Bibbia), Isacco, ella procurò la cacciata di Hagar ed Ismaele che furono abbandonati nel deserto. I mussulmani ritengono che essi furono salvati poi da un Angelo e che Ismaele, con i suoi 12 figli, dette origine alle tribù arabe, morì alla Mecca e fu sepolto nella Ka’ba, meta di pellegrinaggio religioso. Dunque Ismaele ed Isacco, partoriti da Hagar e Sara erano fratelli. Nel 1944, Enzo fu paracadutato dietro le linee tedesche in Toscana con la Brigata Ebraica (quella stessa che parteciperà alla manifestazione nazionale di Milano il 25 aprile prossimo in ricordo della Liberazione dal nazifascismo). Catturato dai nazisti, fu deportato a Dachau e fucilato. Nel 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò un piano di partizione della Palestina che prevedeva la costituzione di uno Stato ebraico e di uno arabo ma che fu rifiutato dai paesi arabi confinanti.
David Ben Gurion, proclama ufficialmente la nascita dello Stato d’Israele il 14 maggio del 1948 e, quello stesso giorno, le armate arabe di Siria, Giordania, Egitto, Libano e Iraq attaccano il paese. Convinti di poter vincere, gli arabi incoraggiano un esodo in gran massa di profughi palestinesi ( la ‘Nakba’), ma la vittoria è di Israele, in questa occasione come nelle guerre successive (guerra dei sei giorni del 1967, guerra del Kippur del 1973, partecipazione alla guerra civile libanese dal 1980). Con la guerra dei 6 giorni, Israele occupa la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la striscia di Gaza, aree a maggioranza araba e da essi rivendicate. I luoghi santi mussulmani sulla spianata delle moschee, a Gerusalemme Est, il cui accesso è controllato da Israele, sono gestiti dalla Giordania.
Nel 2005 Israele ha ritirato truppe e coloni da Gaza. Ciò nonostante Gaza doveva ancora considerarsi zona occupata perché Israele ne ha sempre controllato lo spazio aereo e marittimo (i pescatori non possono allontanarsi dalla costa più di 6 miglia e sono spesso oggetto di aggressione israeliana) ed elettromagnetico, le forniture di elettricità e di acqua e sei dei sette accessi (il settimo, quello di Rafah, è controllato dall’Egitto che ha un accordo di pace con Israele dal1978). Hamas è un’ organizzazione che ha vinto le elezioni amministrative a Gaza nel 2007 e governa la striscia. In origine fu anche finanziata dalla stessa Israele tramite il Qatar, con l’intento di dividere ed indebolire l’organizzazione palestinese di Arafat, al-Fatah. Dal 1992 ha un braccio militare armato (le brigate ʿIzz al-Dīn al-Qassām), teso a distruggere lo Stato di Israele. Dal 2008 (operazione “Piombo Fuso” ), Israele è rientrata con forze e distruzioni quattro volte nella striscia (2008, 2012, 2014, 2021).
È importante capire che il sionismo che ha dato i natali allo Stato di Israele è un movimento politico che è addirittura in contrasto con gli orientamenti di ebraismo definiti come ultra-ortodossi. Gli ultra-ortodossi, sopratutto concentrati nel pittoresco quartiere di Mea Shearim a Gerusalemme, sono indifferenti a qualsivoglia struttura statuale, purché garantisca loro di dedicarsi allo studio della Torah, la legge ebraica. Sono oltremodo prolifici perché, alla Fine dei Tempi, il Messia dovrà pure trovare ebrei sulla terra cui consegnare la “grande Israele”, ma nulla può e deve farsi per accelerare la venuta di quel giorno: ”Io, l’Eterno, affretterò le cose a suo tempo.” (Isaia 60,22). Rifiutano il servizio militare che è giocoforza l’asse portante dell’organizzazione sociale di Israele e sono tollerati e foraggiati dallo Stato.
Per contro, il progetto di Stato di Israele, perseguito esplicitamente, prevede la costruzione di uno ‘stato ebraico’. Lo Stato di Israele non è uno stato laico costituzionale: I diritti individuali, in assenza di costituzione, sono regolati, per gli ebrei, dalla tradizione ortodossa che cade sotto la giurisdizione dei tribunali rabbinici. La minoranza araba (quelli che rifiutarono l’esodo nel 1948: circa il 20% dei residenti) è in gran parte confinata in aree limitate da muri con posti di blocco di accesso. Non è soggetta alla coscrizione militare (eccetto i drusi che vengono generalmente considerati di etnia non araba), studia in scuole separate e parla l’arabo, è curata in ospedali diversi e riceve meno risorse. La generale mancanza di autorizzazioni edilizie e mutui, con conseguenti demolizioni continue di costruzioni illegali per lo Stato, porta a sovraffollamento e povertà. La prima e seconda Intifada, come le prevaricazioni dei coloni che perseguono insediamenti nei territori occupati, comportano ininterrotte tensioni e scontri, uccisioni e demolizioni. È negato ogni diritto ai rifugiati palestinesi di fare ritorno in Israele e nei territori palestinesi occupati. Una legge del 1950 sancisce che le abitazioni ed i terreni di proprietari assenti vengono requisiti dallo Stato e confiscati. La componente araba e quella ebraica in Israele sono fortemente segregate in quasi ogni ambito sociale. Non esiste matrimonio civile (non religioso, ovvero che non sia ebraico, cristiano o mussulmano). Il matrimonio civile celebrato all’estero, (es. a Cipro) viene riconosciuto. Non si consente per legge l’estensione della cittadinanza a coppie miste israelo-palestinesi, salvo casi eccezionali. Nella legislazione, nelle dichiarazioni dei politici e nei fatti, la legge israeliana stabilisce una “nazionalità ebraica” superiore, con uno status diverso da quello della cittadinanza. Nella Knesset sono rappresentati quattro piccoli partiti arabi (attualmente 10 rappresentanti sui 120 membri totali).
Israele ha ratificato la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, che vieta l’apartheid. Tuttavia Amnesty International, in un rapporto del febbraio 2022, conclude che le autorità israeliane, con le misure in parte qui descritte ed altre, stanno mettendo in atto un sistema di apartheid nei confronti di tutte e tutti i palestinesi sotto il loro controllo, che vivano in Israele, nei territori palestinesi occupati o in altri stati come rifugiati. Israele giustifica tutte le misure discriminatorie con motivi di sicurezza. Che comunque, stante il drastico rifiuto di una politica di integrazione o binazionalità, oggettivamente si pongono.
I crimini di guerra di questi mesi sono l’evoluzione triste di questa storia. Sono crimini di pulizia etnica da ambo le parti, ma con una smisurata sproporzione di mezzi e di numeri. Anzi, a mio giudizio, sono semplicemente la guerra com’è oggi. Le guerre tribali e, per noi, la seconda guerra mondiale, come le guerre attuali, includono distruzioni a tappeto, stupri e assassinii della popolazione civile. Il bombardamento alleato a tappeto di Dresda del febbraio del 1945, in pratica una ritorsione per il bombardamento nazista di Coventry del 1940, è un esempio di casa nostra. Altri esempi sono le bombe al napalm della guerra del Vietnam e le pulizie etniche nella ex Yugoslavia, per non parlare delle distruzioni di Hiroshima e Nagasaki con più di 200.000 vittime. La differenza è che oggi la guerra è praticamente guidata, fuori controllo umano, dall’intelligenza artificiale. In fondo, le vittime dell’atomica sono sette volte di più, rispetto ai morti ad ora accertati nella striscia di Gaza. Attribuire ciò che sta avvenendo alla nuova accezione di guerra tout court, naturalmente non attenua la inaudita gravità della tragedia attuale e la nostra responsabilità anche individuale.
Dopo queste poche indicazioni sul sionismo, l’aparheid e la guerra, qualche parola sull’antisemitismo.
La genetica moderna prova che le differenze nel genere umano non sono riconducibili a diversità di razza. Ciò nonostante, l’antisemitismo, parte di un’ideologia razzista, è diffusissimo anche nei modi più insospettabili (chi non ha mai scherzato: “quello è un ebreo!”, per denotare una tendenza all’avarizia?…). Le religioni cristiane hanno nutrito l’antisemitismo nei secoli, con la condanna, la sopraffazione e la violenza (La dominazione islamica in Spagna ha sempre commerciato con gli ebrei della diaspora sefardita presenti in loco e, per parte sua, l’impero ottomano li ha sempre tollerati, purché pagassero una tassa come tutti i non mussulmani). L’antisemitismo è un fenomeno carsico, tanto più grave perché minimizzato quando rispunta nelle nuove generazioni, dimentiche di cosa siano stati il nazismo ed il nostro fascismo con “Il Manifesto della razza “(15 luglio 1938). Rispunta nelle nuove istituzioni, che casomai intitolano strade a Giorgio Almirante che nel 1942 scrisse: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti”. Giovedi’ 25 aprile prossimo vorrei andare alla cerimonia per ripiantare l’ ulivo del Giardino dei Giusti di Tora e Piccilli (prov. di Caserta) che e’ stato vandalizzato nottetempo da ignoti il 29 settembre scorso (prima quindi del 7 ottobre…) (vedi Figura). Quell’ulivo celebrava la dirittura morale della comunità locale (medaglia d’argento del Presidente della Repubblica al merito civile), che fraternizzò con gli ebrei precettati al campo di lavoro agricolo ivi allestito nel 1942 dalla Questura fascista di Napoli, tra cui mio padre, e che furono protetti dalla cittadinanza durante la ritirata dei tedeschi (ottobre 1943).
È da vigliacchi qualificare come antisemita chi denuncia in questi giorni i crimini di guerra di Israele (al pari di quelli di Hamas: foglia di fico della “impar condicio”), tra questi gli studenti nelle nostre università, e chi chiede il ‘cessate il fuoco’ immediato. L’ottuso cinismo della politica agita a sproposito questa parola, per collocarsi senza vergogna al fianco del governo israeliano per indegno opportunismo, al di là di ogni principio etico. La consegna tacita è che il governo israeliano garantisca che lo Stato di Israele sia presidio militare occidentale per le strategie politiche di dominio in Medio Oriente.
Molto ci sarebbe da dire sulla parola ‘genocidio’, come attributo possibile della attuale violenza del governo di Israele in Palestina, ma ciò non rientra in questo scritto. È noto comunque che, con l’ordinanza n. 192 del 26 gennaio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia, ha adottato misure cautelari nei confronti dello stato di Israele avendo accertato sufficienti indizi per approfondire l’istruttoria sul reato di genocidio, in violazione della ‘Convenzione contro il crimine di genocidio’ a seguito del ricorso del SudAfrica. Oltre ai 123 paesi che aderiscono al trattato di costituzione della Corte, 32 paesi, tra i quali Stati Uniti, Israele e Russia, pur avendolo firmato, non l’hanno mai ratificato.