L’emancipazione della plebe nell’antica Roma
Nella puntata odierna sul mondo della Storia Romana andiamo a trattare un tema molto interessante:l’emancipazione della plebe. Come ben sappiamo, infatti, quest’ultima era costituita da contadini, commercianti, artigiani e non godeva di alcun diritto. Non poteva accedere alla giustizia, né tantomeno partecipare alla vita comunitaria e religiosa, eppure, con il trascorrere del tempo, era diventata sempre più numerosa e si era rivelata fondamentale per il mantenimento dell’organizzazione dello stato romano sotto il punto di vista economico. Dobbiamo anzitutto rimarcare una differenza importantissima tra plebe povera e ricca:mentre la prima avanzava richieste di natura economica, la seconda richiedeva l’accesso alle cariche pubbliche(riservate sino ad allora soltanto ai patrizi). Vediamo insieme, più specificamente, le rivendicazioni di questa classe:
1)Riduzione del peso dei debiti.
2)Diritto di utilizzare l’ager publicus, ovvero i terreni sottratti ai nemici vinti.
3)Possibilità di partecipare alle distribuzioni gratuite di frumento in caso di carestia.
4)Infine, la richiesta della plebe più ricca, come accennato poc’anzi verteva sulla partecipazione nella gestione della cosa pubblica.
I plebei nel 494 a.C. si ritirarono sul Monte Sacro, abbandonando il lavoro ed il servizio militare. Si diedero nuove istituzioni e da qui nacque il tributato della plebe, una magistratura sacra ed inviolabile, composta da dieci tribuni. I partrizi furono costretti a cedere e a conferire il diritto di veto:con questo i plebei avrebbero potuto bloccare le decisioni ritenute dannose per la plebe stessa. Così questa classe cominciò a muovere i primi passi per tutelare i rispettivi diritti. Per conoscere le altre leggi ci diamo appuntamento alla prossima puntata.
RAFFAELE PIO MARRONE