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Il Laocoonte

«La generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quiete grandezza, sia nella posizione che nell’espressione. Come la profondità del mare che resta immobile per quanto agitata ne sia le superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata. Quest’anima nonostante le atroci sofferenze, si palesa nel volto del Laocoonte, e non nel volto solo.»

 Winckelmann

 Molto ruota attorno ad una delle statue più celebri e discusse dei Musei Vaticani.

Venne alla luce a Roma nel 1506 in un sotterraneo presso al Domus Aurea.

La statua di Laocoonte con i figli e i mirabili grovigli delle spire dei serpenti che Plinio cita, e che era un’opera che andava anteposta a qualsiasi altro capolavoro in pittura o in bronzo, fatta in un unico marmo da tre scultori di Rodi: Agesandro, Polidoro e Atanodoro.

Rappresenta la morte del Laocoonte, sacerdote troiano che si opponeva a condurre il cavallo lasciato dai greci all’interno della città di Troia, proprio per questo motivo fu stritolato da due mostruosi serpenti usciti dal mare.

È rappresentato ancora seduto sull’altare, nudo, con il corpo che disegna delle forme geometriche in base ai movimenti.

Sulla sinistra e sulla destra anche i due figli vengono attaccati dalle spire dei mostri.

L’immagine nell’insieme si dispone in uno spazio triangolare più che piramidale, quasi appiattito contro il fondale. Il figlio di sinistra, il più piccolo, reclina la testa all’indietro, mentre quello di destra sembra stia riuscendo a liberare le gambe.

Vi sono state varie critiche e gli studiosi nel corso del tempo si sono divisi in due filoni:

  • Alcuni partendo dal passo di Plinio, lo ritengono un capolavoro originale dell’ultimo Ellenismo, creato a Rodi nel corso del I s. a.C. da tre artisti eclettici;
  • Gli altri pensano sia una copia di età romana fatta da tre ottimi copisti di Rodi.

Non si è ancora arrivati ad un accordo per quanto riguarda questo dibattito, ma la cosa certa è che la sofferenza, il dolore, la tragedia sono tutte espresse all’interno di questa opera, basta guardare i volti e i movimenti così estremizzati dei corpi per rendersi conto della reale naturalezza con cui sono rappresentati.

Voi che ne pensate?

 

 

Martina Pico

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Una risposta

  1. Vittorina Cestaro ha detto:

    Solo per aver tentato di opporsi….

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