San Galgano: l’Abbazia e la spada nella roccia
Galgano Guidotti nacque a Chiusdino nel 1150 circa, in una famiglia aristocratica.
Galgano era un giovane violento, intento ad una vita di divertimenti e di piacere, finché non cambiò comportamento a seguito di due apparizioni di San Michele Arcangelo, il quale voleva farne un Cavaliere di Dio. Fu protagonista di due visioni successive in cui l’arcangelo Michele gli indicò il suo percorso di vita. Da questo momento ebbe inizio un processo di conversione del giovane, che culminò durante un viaggio, dove Galgano affidandosi a Dio e al suo cavallo, venne condotto sulla collina di Montesiepi. Qui il cavallo si inginocchiò in riverenza a San Michele, Galgano scese a terra si sottomise e si convertì alle parole pronunciate dall’Arcangelo. Abbandonò la spada e la piantò nel terreno facendola diventare una croce, la quale, così facendo, da strumento di morte diventò simbolo di pace e redenzione. La notizia destò molto clamore e il suo esempio fu seguito da molti. Si venne a creare una piccola comunità di fedeli precorritrice della comunità monastica. Montesiepi diventò meta di pellegrinaggio, erano in molti i fedeli desiderosi di parlare con il santo o di ricevere miracoli e guarigioni. Galgano visse gli ultimi anni di vita da eremita in una capanna, costruita da lui in prossimità del terreno dove aveva infisso la spada. La morte del Santo avvenne il 30 Novembre 1181, Galgano fu ritrovato inginocchiato davanti alla sua spada, in atto di preghiera. La cappella fu costruita tra il 1181 e il 1185 sul colle dove Galgano si ritirò a vita eremitica. Quattro anni dopo la sua morte, Papa Lucio III lo proclamò santo. L’abbazia di San Galgano è un’abbazia cistercense, sita a una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino ed è tra i luoghi più belli e suggestivi della Toscana. L’Abbazia di San Galgano: un luogo mistico, carico di storia, significati e… magia La sua storia ha inizio tra il 1218 ed il 1288 quando i monaci cistercensi, abituati a costruire lungo i corsi del fiume e vicino ad importanti strade di passaggio, decidono di realizzare in Val di Merse il meraviglioso complesso abbaziale.
La scelta dei seguaci si mosse verso una costruzione che nel corso dei secoli ha rappresentato uno dei più grandi esempi di architettura gotico-cistercense in Italia. Dopo l’abbandono nel 1400, l’abbazia ha assunto con il passare del tempo l’aspetto che vediamo oggi il quale la rende un unicum nel mondo. La chiesa presenta un’abside rivolta perfettamente a est e una facciata semplice e lineare a doppio spiovente. La pianta è a croce latina e si conclude con un ampio transetto. All’interno dell’abbazia la sala più importante era quella capitolare: attraverso un portale ad arco a sesto acuto, si accede in un vasto ambiente, diviso in campate, con colonne che sorreggono delle volte a crociera. Qui si riuniva il capitolo dei monaci per deliberare gli atti che riguardavano il governo della comunità. Anticamente l’abbazia era ricoperta da un vasto tetto; oggi, invece, la sua maestosità e grande peculiarità è proprio la mancanza della copertura. La luce del sole entra solenne nella navata, facendo risplendere la struttura in tutta la sua bellezza. Al tramonto, i toni caldi del giorno morente filtrano attraverso il rosone centrale della facciata e, durante le notti d’estate, un cielo stellato, quasi dipinto, fa da tetto all’intero edificio. Un’aura di mistero che inevitabilmente avvolge chiunque si avvini all’abbazia. Un altro luogo legato alla figura di San Galgano è L’Eremo di Montesiepi o “la Rotonda di
Montesiepi”. Questo luogo fu costruito subito dopo la morte di San Galgano, intorno al
luogo in cui si trova la spada, al posto dell’antica capanna dove visse il suo ultimo anno di vita. L’Eremo fu consacrato nel 1185 dal vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi con la benedizione di Papa Lucio III.
Successivamente furono aggiunti l’ingresso, nel Duecento, e la cappella, realizzata col campanile all’inizio del Trecento ed affrescata tra il 1334 e il 1336 da Ambrogio Lorenzetti, dove oggi è la teca che conserva le braccia mummificate dell’Invidioso.
La copertura è una volta emisferica ad anelli concentrici di cotto e travertino. Secondo una leggenda durante l’assenza di Galgano per un pellegrinaggio a Roma, tre monaci invidiosi cercano di estrarre la spada dalla roccia per rubarla. Non riuscendo, la rompono. Il castigo divino è immediato: il primo monaco cade in un fiume ed annega; il secondo muore fulminato, il terzo è afferrato per un braccio da un lupo e trascinato via, ma si salva invocando Galgano. Secondo la leggenda, le mani mummificate conservate nella cappella sarebbero proprio quelle del monaco invidioso. Al ritorno dal pellegrinaggio, Galgano trova la spada rotta. Una voce gli dice di ricomporre la spada posando il pezzo rotto sulla parte rimasta nella roccia. Galgano obbedisce e i due pezzi si saldano perfettamente.
Oggi, una teca trasparente la protegge dai vandali, i quali più volte, per tutto il Novecento
provarono ad estrarre l’antica arma provocando seri danni. I ruderi del complesso di San Galgano, che ci si presentano completamente restaurati, sono oggi una meta molto apprezzata e il mistero attorno al santo e la sua spada nella roccia non manca di stupire i suoi visitatori.